Racconti Sostenibili

Talking to Maurizio Cellura director of the Center for Ecological Transition and Sustainability (CSTE)

A curriculum spanning more than ten years which sees her engaged in the most prestigious working groups of the International Energy Agency from Annex 72 (Assessing Life Cycle Related Environmental Impacts by Buildings) to Annex 83 (Positive Energy Districts) just to name a few, and a role of leadership starting from the representation for the University of Palermo of the “Sustainable Solutions Development Network” sponsored by the United Nations Environment Program (UNEP). When did your passion for the environment begin?

In the mid-80s I was a young university student and in my home town, Licata, the hypothesis of building a coal power plant was mooted. An environmentalist movement was born spontaneously to oppose that construction, which would have compromised a splendid coastline in the Agrigento area, probably irreversibly. From that moment on, curiosity and passion for protecting the environment was born, which then became commitment to study thanks to the meeting with my teacher, Giorgio Beccali. They were moments in which a few environmentalist pioneers questioned the then prevailing idea of ​​limitless development, formulating the alternative idea of ​​a new model capable of reconciling the needs of equity and justice between human beings and generations, providing also a healthy environment and sufficient natural resources that are not compromised by economic models that ignore the carrying capacity of the receiving ecosystems.

They were considered visionaries, there were attempts to discredit them scientifically, but in light of what happened they were perfectly right. The climate and environmental emergencies would not be of this magnitude if the cries of alarm, expressed starting from the early 1970s, had not remained ignored for a long time.

Returning to the question, my attention to environmental comparisons continued to grow and both the degree thesis, an experience of environmental planning on the island of Lampedusa, and the doctoral thesis in technical physics, one of the very first applications of the methodology of life cycle analysis applied to bricks, were aimed at strengthening knowledge and skills in the field of environmental sustainability. A long journey of study and commitment, never interrupted since then.

Un curriculum ultradecennale che la vede impegnato nei più prestigiosi gruppi di lavoro dell’Agenzia Internazionale dell’Energia da Annex 72 (Assessing Life Cycle Related Environmental Impacts by Buildings) ad Annex 83 (Positive Energy Districts) solo per citarne alcuni, ed un ruolo di leadership a partire dalla rappresentanza per l’Università di Palermo del “Sustainable Solutions Development Network” patrocinato da United Nations Environment Program (UNEP). Quando nasce la sua passione per l’ambiente?

A metà degli anni 80 ero un giovane studente universitario e nel mio paese d’origine, Licata, si ventilò l’ipotesi di realizzare una centrale a carbone. Nacque spontaneamente un movimento ambientalista che si oppose a quella realizzazione, che avrebbe compromesso uno splendido litorale dell’agrigentino probabilmente in maniera irreversibile. Da quel momento in poi nacque la curiosità e la passione per la difesa dell’ambiente, che poi divenne impegno nello studio grazie all’incontro con il mio maestro, Giorgio Beccali. Erano momenti nei quali pochi pionieri ambientalisti misero in discussione l’idea, allora imperante, di uno sviluppo senza limiti, formulando l’idea alternativa di un nuovo modello di in grado di conciliare i bisogni di equità e giustizia tra esseri umani e generazioni, disponendo altresì di un ambiente sano e di risorse naturali bastevoli e non compromesse da modelli economici incuranti delle capacità di carico degli ecosistemi ricettori.

Erano considerati visionari, si tentava di screditarli scientificamente, ma alla luce di quanto accaduto avevano perfettamente ragione. Le emergenze climatiche e ambientali non sarebbero di questa portata se i gridi d’allarme, espressi a partire dai primi anni “70 del secolo scorso, non fossero rimasti per lungo tempo ignorati.

Tornando al quesito, la mia attenzione dei confronti dell’ambiente continuò a crescere e sia la tesi di laurea, una esperienza di pianificazione ambientale nell’isola di Lampedusa, che la tesi di dottorato in fisica tecnica, una delle primissime applicazioni della metodologia dell’analisi del ciclo di vita applicata ai laterizi, furono indirizzate a rafforzare conoscenze e competenze nel campo della sostenibilità ambientale. Un lungo percorso di studio e impegno, mai interrotto fin da allora.

 

Oggi lei è direttore del Centro per la Transizione Ecologica e la Sostenibilità dell’Università (CSTE) di Palermo. Una sfida vana o una grande opportunità?

Direi che è una necessità, alla quale dobbiamo destinare grandi risorse. In questo tempo di transizione nevralgico per il futuro del pianeta e della specie umana le Università devono svolgere un ruolo prezioso e insostituibile, attraverso l’applicazione dei cinque principi di Conoscenza, Apprendimento, Dimostrazione, Impatto e Cooperazione. Il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi previsti nell’Agenda ONU 2030 non può prescindere dai contributi di ricerca e innovazione delle Università, vere e proprie fucine di trasformazione socio-culturale e leve di innovazione nel territorio, soprattutto in contesti caratterizzati da un marcato ritardo socio-economico, quali quelli che appartengono alle regioni dell’obiettivo convergenza del Mezzogiorno d’Italia. I ricercatori universitari devono essere percepiti dal territorio come figure chiave nel trasferimento della conoscenza e devono essere in grado di dialogare efficacemente con le comunità per supportare processi decisionali scientificamente fondati, trasparenti e ripercorribili. Per far ciò è anzitutto necessario un ampio e profondo coinvolgimento dei potenziali “stakeholder” territoriali con i quali innescare fruttuosi processi di cooperazione, in grado di favorire l’integrazione delle molteplici sfere della sostenibilità nei processi decisionali.

L’Università di Palermo ha piena consapevolezza delle portata delle sfide che dovremo affrontare negli anni a venire, con un tempo disponibile per affrontare l’emergenza climatica che si restringe sempre di più. Non a caso il Rettore dell’Università di Palermo, Massimo Midiri, ha più volte rimarcato come l’Università degli Studi di Palermo ha la responsabilità e il dovere di contribuire concretamente al tema della sostenibilità in maniera multiforme.

Siamo in presenza di una rinnovata ed accentuata sensibilità nei confronti delle problematiche ambientali, e la crescente consapevolezza dei giovani sulla complessità delle sfide e sulla urgente necessità di voltare pagina è foriera di speranza. Un sondaggio dell’Eurobarometro effettuato nel maggio 2022 indicava infatti come tra i giovani il marcato desiderio di impegnarsi su tematiche ambientali e climatiche è sempre più accentuato, ed anzi la “protezione dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici” sono state considerate tra le priorità chiave dell’anno Europeo della Giovinezza (2022). A fronte di questa nuova consapevolezza alcuni recenti dati dell’OCSE mostrano che una significativa percentuale di studenti si sente però inadeguata a fronteggiare la portata delle sfide, e ciò anche a causa di informazioni inadeguate e inaccurate. E’ questo un punto cruciale su cui l’Università deve dare il meglio di se. I giovani hanno aspirazioni che albergano a pieno titolo nel lontano 2050 decarbonizzato e tutte le strategie in grado di rafforzare la loro partecipazione e la loro formazione, nel pieno rispetto del loro diritto di equità intergenerazionale e delle aspirazioni di vivere su Gaia alla stregua di chi li ha preceduti, devono costituire un aspetto saliente nella definizione di azioni sostenibili a scala di comunità, ecosistemi e pianeta. Non solamente i cambiamenti climatici, ma povertà, diseguaglianze di genere, conflitti, migrazioni, prospettive occupazionali – per citare alcune tematiche tra le più rilevanti – è auspicabile facciano parte di una piattaforma di dialogo nella quale i giovani devono svolgere un ruolo attivo e propositivo per delineare il futuro che vogliamo. Direi quindi una sfida ardua ma non vana, e se i nostri 45000 studenti circa diverranno ambasciatori di sostenibilità, adottando stili di vita più ecocompatibili, ciò costituirà un formidabile volano e una grande opportunità. Di certo non stiamo lesinando energie su questi temi, e sono pertanto fiducioso.

Today you are director of the Center for Ecological Transition and Sustainability (CSTE) of the University of Palermo. A vain challenge or a great opportunity?

I would say that it is a necessity, to which we must allocate large resources. In this critical time of transition for the future of the planet and the human species, Universities must play a precious and irreplaceable role, through the application of the five principles of Knowledge, Learning, Demonstration, Impact and Cooperation. The achievement of the ambitious objectives set out in the UN 2030 Agenda cannot ignore the research and innovation contributions of the Universities, true hotbeds of socio-cultural transformation and levers of innovation in the territory, especially in contexts characterized by a marked socio-economic delay , such as those that belong to the regions of the convergence objective of Southern Italy. University researchers must be perceived by the territory as key figures in the transfer of knowledge and must be able to communicate effectively with communities to support scientifically based, transparent and traceable decision-making processes. To do this, it is first necessary to have a broad and profound involvement of potential territorial “stakeholders” with whom to trigger fruitful cooperation processes, capable of promoting the integration of the multiple spheres of sustainability in decision-making processes.

The University of Palermo is fully aware of the scale of the challenges we will have to face in the years to come, with the time available to address the climate emergency becoming increasingly limited. It is no coincidence that the Rector of the University of Palermo, Massimo Midiri, has repeatedly highlighted how the University of Palermo has the responsibility and duty to concretely contribute to the topic of sustainability in a multifaceted way.

We are in the presence of a renewed and heightened sensitivity towards environmental problems, and the growing awareness of young people on the complexity of the challenges and the urgent need to turn the page is a harbinger of hope. A Eurobarometer survey carried out in May 2022 indicated that among young people the marked desire to engage in environmental and climate issues is increasingly accentuated, and indeed “environmental protection and the fight against climate change” were considered among the key priorities of the European Year of Youth (2022). Given this new awareness, some recent OECD data show that a significant percentage of students feel inadequate to face the scale of the challenges, also due to inadequate and inaccurate information. This is a crucial point on which the University must give its best. Young people have aspirations that fully belong in the distant decarbonized 2050 and all the strategies capable of strengthening their participation and their training, in full respect of their right to intergenerational equity and the aspirations of living on Gaia in the same way as those who has preceded, must constitute a salient aspect in the definition of sustainable actions at the scale of communities, ecosystems and the planet. Not only climate change, but poverty, gender inequalities, conflicts, migrations, employment prospects – to name some of the most relevant issues – are hoped to be part of a dialogue platform in which young people must play an active and proactive role to outline the future we want. I would therefore say a difficult but not vain challenge, and if our approximately 45,000 students become ambassadors of sustainability, adopting more eco-friendly lifestyles, this will constitute a formidable driving force and a great opportunity. We are certainly not sparing energy on these issues, and I am therefore confident.

Qual è oggi la pietra filosofale per attuare il passaggio tra le task force di studio ed una vera rivoluzione sistemica nelle abitudini al consumo?

Direi riuscire a comunicare efficacemente gli aspetti cruciali per superare la sfida dell’emergenza climatica in atto, superare gli egoismi, sfatare i falsi miti, primo fra tutti quello che ipotizza una crescita senza limiti incurante del benessere del pianeta che ci ospita. Va detto con chiarezza, la crescita senza limiti del PIL fondata su un consumismo orientato allo spreco non è compatibile con i fisiologici limiti nella estrazione di risorse, perché le risorse sono limitate.

Keynes affermava che i bisogni degli esseri umani […] rientrano in due categorie: i bisogni assoluti, nel senso che li sentiamo quali che siano le condizioni degli esseri umani nostri simili, e quelli relativi, nel senso che esistono solo in quanto la soddisfazione di essi ci fa sentire superiori ai nostri simili. I bisogni della seconda categoria […], i bisogni relativi sono alimentati dal consumismo, creando un continuo stato di insoddisfazione che induce a consumare sempre di più. Così il PIL cresce indefinitamente. E’ una spirale da interrompere, ispirandoci ai tre principi fondanti della transizione ecologica, sufficienza, efficienza e rinnovabili. C’è molto da fare ma il percorso, in alcune realtà del pianeta, è già tracciato.

What is the philosopher’s stone today to implement the transition between study task forces and a true systemic revolution in consumption habits?

I would say being able to effectively communicate the crucial aspects to overcome the challenge of the ongoing climate emergency, overcome selfishness, dispel false myths, first of all the one that hypothesizes limitless growth regardless of the well-being of the planet that hosts us. It must be said clearly, the unlimited growth of GDP based on waste-oriented consumerism is not compatible with the physiological limits in resource extraction, because resources are limited.

Keynes stated that the needs of human beings […] fall into two categories: absolute needs, in the sense that we feel them regardless of the conditions of our fellow human beings, and relative needs, in the sense that they exist only insofar as satisfaction with them makes us feel superior to our peers. The needs of the second category […], the relative needs are fueled by consumerism, creating a continuous state of dissatisfaction that leads to consuming more and more. Thus GDP grows indefinitely. It is a spiral to be interrupted, taking inspiration from the three founding principles of the ecological transition, sufficiency, efficiency and renewables. There is a lot to do but the path, in some areas of the planet, is already traced.

La moda è una delle industrie più inquinanti al mondo e sicuramente quella che utilizza nei cicli di produzione i quantitativi più grandi di acqua? Si possono traslare gli approfondimenti portati avanti nel mondo dell’energia per portare a regime sostenibile anche questo sistema?

Direi che anzitutto è un settore tra i più importanti per l’economia dell’Unione Europea, con flussi di materiali in input e output rilevanti. Peraltro le famiglie europee sono grandi consumatrici di prodotti tessili, tanto che nel contesto continentale l’industria tessile è tra le più impattanti dal punto di vista ambientale. Non sorprende constatare che circa l’80% dell’impatto totale del tessile sul cambiamento climatico si verifica nella fase di produzione, ed è uno dei motivi, assieme alla possibilità di produrre in luoghi con bassissimo costo della manodopera e diritti dei lavoratori agli albori se paragonati al contesto europeo, per il quale molte produzioni sono state delocalizzate fuori dall’Europa. Tornando agli impatti, il 3% si verifica nella distribuzione e nella vendita al dettaglio, il 14% nella fase di utilizzo (lavaggio, asciugatura e stiratura) e il 3% durante la fine del ciclo di vita (raccolta, selezione, riciclaggio, incenerimento e smaltimento). Il tessile è la quinta categoria di consumo in Europa in termini di utilizzo di materie prime vergini. Solo il 20% di queste materie prime viene prodotto o estratto in Europa, mentre il resto ha origine extra-europea. Ciò implica che i Paesi di origine siano i principali destinatari degli impatti ambientali derivanti dal consumo sul territorio europeo, con forti effetti di “spillover” ambientali.

In termini numerici, si stima che siano stati utilizzati 175 milioni di tonnellate di materie prime vergini per produrre tutti gli indumenti, le calzature e i prodotti tessili per la casa acquistati dalle famiglie europee in anni recenti. Ma probabilmente è il consumo di acqua uno dei grandi talloni d’Achille ambientali, assieme al consumo di suolo. Nel 2020, per produrre tutti i capi di abbigliamento, le calzature e i prodotti tessili per la casa acquistati dalle famiglie dell’UE, sono stati necessari circa 4.000 milioni di m³ di acqua, collocando il settore tessile al terzo posto per consumo idrico, dopo il cibo e le attività ricreative e culturali. Allo stesso tempo, la produzione di cotone ha richiesto l’utilizzo di 20.000 milioni di m³ di acqua, stimando che la produzione di 1kg di cotone richieda circa 10 m³ di acqua. I dati si commentano da soli. Tornando all’impiego di suolo, nel 2020, il suolo utilizzato per i prodotti tessili acquistati dalle famiglie europee è stato stimato pari a 180.000 km², con solo l’8% localizzato in Europa. Più del 90% avviene fuori dall’Europa. Come dire, “green” a casa nostra esportando gli impatti ambientali altrove.

Soluzioni? La risposta è complessa, ma di certo una aumento della durabilità dei capi, il riuso, il riciclo e la sobrietà sono capisaldi dai quali partire. Spazio all’economia circolare, è un percorso obbligato. E poi bisogna evitare il “greenwashing”, aggiungere il suffisso sostenibile è facile, esserlo è tutt’altra cosa.

Fashion is one of the most polluting industries in the world and certainly the one that uses the largest quantities of water in production cycles? Can the insights carried out in the world of energy be translated to bring this system to a sustainable regime too?

I would say that first of all it is one of the most important sectors for the economy of the European Union, with significant input and output material flows. Furthermore, European families are large consumers of textile products, so much so that in the continental context the textile industry is among the most impactful from an environmental point of view. It is not surprising to note that around 80% of the total impact of textiles on climate change occurs in the production phase, and this is one of the reasons, together with the possibility of producing in places with very low labor costs and incipient workers’ rights if compared to the European context, for which many productions have been relocated outside Europe.Returning to impacts, 3% occur in distribution and retail, 14% in the use phase (washing, drying and ironing) and 3% during the end of life cycle (collection, sorting, recycling, incineration and disposal). Textiles are the fifth consumer category in Europe in terms of use of virgin raw materials. Only 20% of these raw materials are produced or extracted in Europe, while the rest have non-European origins. This implies that the countries of origin are the main recipients of the environmental impacts deriving from consumption on European territory, with strong environmental “spillover” effects.

In numerical terms, it is estimated that 175 million tonnes of virgin raw materials were used to produce all the clothing, footwear and home textile products purchased by European families in recent years. But water consumption is probably one of the great environmental Achilles’ heels, together with land consumption. In 2020, around 4,000 million m³ of water were needed to produce all the clothing, footwear and home textile products purchased by EU households, placing the textile sector in third place in terms of water consumption, after food and recreational and cultural activities. At the same time, cotton production required the use of 20,000 million m³ of water, estimating that the production of 1kg of cotton requires approximately 10 m³ of water. The data speaks for itself. Returning to land use, in 2020, the land used for textile products purchased by European families was estimated at 180,000 km², with only 8% located in Europe. More than 90% takes place outside Europe. In other words, “green” at home by exporting environmental impacts elsewhere.

Solutions? The answer is complex, but certainly an increase in the durability of garments, reuse, recycling and sobriety are cornerstones from which to start. Make room for the circular economy, it is an obligatory path. And then we need to avoid “greenwashing”, adding the suffix sustainable is easy, being so is a completely different thing.

Quale esempio virtuoso potrebbe portarci in merito a chi in Italia o fuori dal nostro paese si muove per raggiungere concretamente i 17 obiettivi di Agenda 2030?

Fermo restando che le esperienze, fortunatamente, si moltiplicano sempre di più, desidero menzionare l’esperienza della Rete nazionale delle Università per lo Sviluppo Sostenibile (RUS), una rete di Atenei Italiani che condivide esperienze di sostenibilità ambientale e responsabilità sociale, con molteplici finalità, quali ad esempio creare consapevolezza verso i temi della sostenibilità ambientale, sociale ed economica, al fine di orientare scelte e stili di vita responsabili, nella prospettiva del bene comune, all’interno della comunità universitaria e nelle relazioni con il territorio e gli attori che vi operano. La RUS contribuisce concretamente alla diffusione di buone pratiche di sostenibilità, sia all’interno che all’esterno degli Atenei, in modo da contribuire in maniera multiforme al raggiungimento degli 17 obiettivi di Sviluppo Sostenibile fissati dall’agenda ONU 2030.

What virtuous example could you give us regarding those in Italy or outside our country who are moving to concretely achieve the 17 objectives of Agenda 2030?

Without prejudice to the fact that the experiences, fortunately, are multiplying more and more, I would like to mention the experience of the National Network of Universities for Sustainable Development (RUS), a network of Italian universities that share experiences of environmental sustainability and social responsibility, with multiple purposes , such as, for example, creating awareness towards the issues of environmental, social and economic sustainability, in order to guide responsible choices and lifestyles, in the perspective of the common good, within the university community and in relations with the territory and the actors who they operate there. RUS concretely contributes to the dissemination of good sustainability practices, both inside and outside the universities, in order to contribute in a multifaceted way to the achievement of the 17 Sustainable Development Goals set by the UN 2030 agenda.

Come definirebbe il suo gruppo di studio all’interno del CSTE?

Il CSTE rappresenta un luogo centrale di sostegno e indirizzo delle azioni dell’Ateneo di Palermo nella concreta attuazione degli obiettivi dell’Agenda ONU 2030, un approccio integrato fra sistema formativo, ricerca -teorica e applicata-, innovazione e attività di terza missione, che si sta perseguendo attraverso l’implementazione di soluzioni e strategie innovative, partecipate e condivise in grado di rispondere efficacemente alle ambiziose sfide globali che siamo chiamati ad affrontare -appare utile rimarcarlo- per centrare gli obiettivi. Identificare le molteplici sinergie tra i differenti obiettivi rientra altresì tra i principi guida dell’attività del CSTE, con azioni ispirate da sei parole chiave, cooperazione (grazie alla realizzazione di progetti e a scala territoriale), complessità (elaborando vision e strategie per governare le interconnessioni con approccio sistemico e reticolare), interdisciplinarietà (con un approccio multiprospettico finalizzato a garantire il principio dell’”equal footprint” tra i diversi obiettivi), internazionalizzazione nel contesto mediterraneo, orizzontalità (integrazione trasversale del concetto di sostenibilità), e sostenibilità stessa (investendo nel futuro dei più giovani ispirandosi a principi di giustizia climatica). Per concludere direi che rappresenta un “focus group” permanente, un laboratorio transdisciplinare che sta arricchendo ciascuno di noi.

How would you define your study group within the CSTE?

The CSTE represents a central place for supporting and directing the actions of the University of Palermo in the concrete implementation of the objectives of the UN 2030 Agenda, an integrated approach between the training system, research – theoretical and applied -, innovation and third mission activities, which it is being pursued through the implementation of innovative, participatory and shared solutions and strategies capable of effectively responding to the ambitious global challenges that we are called to face – it seems useful to underline this – to achieve the objectives. Identifying the multiple synergies between the different objectives is also among the guiding principles of the CSTE’s activity, with actions inspired by six key words, cooperation (thanks to the implementation of projects and on a territorial scale), complexity (developing vision and strategies to govern the interconnections with a systemic and network approach), interdisciplinarity (with a multi-perspective approach aimed at guaranteeing the principle of “equal footprint” between the different objectives), internationalization in the Mediterranean context, horizontality (transversal integration of the concept of sustainability), and sustainability itself (investing in the future of the youngest, inspired by principles of climate justice). To conclude I would say that it represents a permanent “focus group”, a transdisciplinary laboratory that is enriching each of us.

Centro di Sostenibilità e Transizione Ecologica di Ateneo

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